I tanti colori di Cenerentola

Riscrivere una fiaba classica equivale ad una scoperta e la prima suggestione provata è quella del nome della protagonista: Celeste. Ci sono due finali, la cenere non è qualcosa di brutto e sporco, diventa molto divertente andare alla ricerca dei due nomi per le sorellastre. Poi ci sono le tavole illustrate da Clarissa Corradin. Sono molte le curiosità per andare a leggere come Annamaria Gozzi ha scritto il suo Celeste Cenerentola, uno dei fortunati titoli della collana “Lilliput”.

“Riscrivere una fiaba classica è sempre una scoperta. Bisogna andare in profondità navigare nei significati più profondi conservare la struttura che deve essere riconoscibile e poi provare in qualche modo a tradirla, a farla propria. Con Cenerentola questa operazione è stata complessa perché esperti di letteratura ne hanno contato 345 versioni. La fiaba di Cenerentola, con nomi diversi, è conosciuta in tutto il mondo dall’Egitto a tutta l’Europa, dall’America alla Cina dove pare sia nata la prima versione. E proprio alla Cina mi sono ispirata per inventare una moderna aiutante magica, Mama Liu personaggio in bilico tra reale e fantastico capace di leggere i pensieri di Celeste Cenerentola.
Quando ho pensato alla riscrittura di questa fiaba la prima suggestione è stata il colore e il conseguente nome della protagonista: Celeste. Ho immaginato la sua nostalgia per il padre attraverso i colori dei cieli del mondo. Un gioco che solo Celeste e suo padre sapevano fare e che con matrigna e sorellastre non può fare più. Per fortuna Mama Liu nella sua lavanderia sbuffa nuvole di vapore azzurrino, ha girato il mondo in lungo e in largo, conosce i colori dei cieli di ogni città. Per il resto ho ricalcato molti tratti della versione più conosciuta: la trasformazione, la festa, lo scadere dell’incantesimo, e poi un principe funambolo disegnato nel cielo, che forse non è nemmeno un principe. Chissà.

Le varianti nelle tante Cenerentole sono moltissime alcune anche piuttosto crude e raccapriccianti. Ho scelto di non metterle in questa mia versione, ma ne ho esplorate molte e continuo a farlo come tappeto di conoscenza e base di scrittura.
Con queste basi ho scritto.
Mi sono divertita a cercare i nomi delle sorellastre Besiosa e Sgustosa, confesso di averli rubati da vecchi racconti di famiglia di quando si parlava di donne antipatiche.
Mi sono liberata dall’idea che cenere sia sinonimo di qualcosa di brutto o sporco. Ho tutt’ora una stufa a legna e credo che la cenere sia qualcosa di bello e anche utile ad esempio per l’orto o per farne sapone.

Mi sono presa il gusto di scrivere due finali. Essendo molto più lettrice che scrittrice, apprezzo sempre i libri che tengono aperta la storia mi sembrano porte per continuare ad entrare negli intrecci del racconto.
Infine, ma non per ultimo, mi sono meravigliata per le bellissime tavole di Clarissa Corradin che ha saputo connotare Celeste con radioso stupore e colorare ogni pagina come se anche lei conoscesse il gioco dei colori dei cieli del mondo”.

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