Intervista a Marianna Balducci: C’è una macchia sul mio disegno!

Allora, Marianna, raccontaci, che bambina eri? Ordinata o pasticciona? E com’erano i tuoi disegni?

Mai stata ordinata, forse però neanche del tutto pasticciona: gli esperimenti mi sono sempre piaciuti, ma ci tenevo a fare le cose “belle”, belle come pensavo dovessero essere. Gli errori quindi erano i nemici più temibili. Per fortuna ho imparato a dare retta alla mia mamma pittrice che mi diceva di non avere paura perché quando sei troppo in ansia per non rovinare una cosa, va a finire che la rovini di sicuro e invece gli esperimenti sono fatti anche per sbagliare e, da lì, magari scoprire qualcosa di nuovo e inaspettato. Com’erano i miei disegni? Gratificanti mano a mano che, facendone tanti, riuscivo sempre più a raccontare quel che avevo in testa; liberi come quelli di tanti bambini a cui piace disegnare; pieni di cose copiate, inventate, sognate, mescolate.

E adesso, come illustratrice? Lavori in digitale o tradizionale?

Lavoro tantissimo in digitale, specialmente da quando ho una Cintiq su cui ho ritrovato il mio segno, la sensibilità della mano, tavolozze infinite da cui attingere facendo economia di materiali e di spazio.
Non ho però mai abbandonato del tutto il tradizionale e disegno qualcosa (anche piccola piccola) quasi ogni giorno per allenare il tratto, ma soprattutto il pensiero. Cambio spessissimo sketchbook, ne tengo aperti 3 o 4 con formati e colore e consistenza della carta diversi.

Tu incontri spesso i bambini per promuovere i tuoi libri. Hai cominciato se non sbaglio con Piedino e adesso vedo che stai girando con Max e con il nuovissimo libro sulla Monnalisa. Come ti trovi con i bambini? Che domande ti fanno?

Incontrare i bambini è una specie di tuffo di testa nel mare mosso: come quando ci sono le onde e tu non aspetti che il momento giusto per nuotarci dentro, sbucando fuori dopo una piccola gratificante apnea, pronta a rituffarti da capo. Di solito li incontro per svolgere con loro qualche piccola attività da disegnatori dove però è molto importante anche la parte in cui ci presentiamo, conosciamo e progettiamo insieme quel che andremo a fare per capirlo e fare un po’ squadra. Le domande più ricorrenti riguardano il tempo: quanto tempo ci hai messo per fare questo libro? Quanto tempo disegni al giorno? Ma disegni anche la domenica? Quanto ci hai messo a diventare brava? E poi la fatidica domanda: ma non ti stanchi a disegnare sempre? A cui rispondo sempre in modo sincero perché sì, ogni tanto ci si stanca, proprio come in molti altri mestieri.

Tu sei un’illustratrice sui generis: la tua formazione se non sbaglio è legata al design, lavori spesso unendo il disegno alla fotografia. Ho l’impressione che in generale per ogni progetto ti prendi il tempo per trovare il modo, lo stile per realizzarlo. Mi sbaglio?

Non sbagli. Studiare moda e design mi ha aperto la testa e insegnato a fare della ricerca uno degli strumenti di progettazione più efficaci, perciò cerco di archiviare tanti riferimenti, mescolare registri diversi, muovermi per collegamenti. Il design ti insegna che essere creativi spesso vuol dire risolvere dei problemi (e formularne di nuovi) e che innovare a volte coincide col trovare quelle soluzioni pescandole da contesti in cui non si pensava ce ne fossero. La ricerca stilistica perciò è importante, migliorare tecnicamente lo è altrettanto. Ma la cosa che più mi sta a cuore è coltivare con cura un mio modo di progettare, una voce che sia al servizio e all’altezza del messaggio che le viene affidato, delle antenne allenate a individuare stimoli nuovi.

Tu insegni anche? Parlaci un po’ male dei giovani, dai!

Questa è certamente una domanda trabocchetto per dimostrare che inizio a non essere più tanto giovane, ma non ci cascherò! Da 5 anni sono responsabile di un seminario di comunicazione visiva alla facoltà di moda di Rimini, per i ragazzi del terzo anno. I ragazzi hanno una gran voglia di mettere le mani su qualcosa che somigli al “lavoro vero” (per questo lavoriamo anche a progetto, come fossimo una piccola agenzia di comunicazione), allo stesso tempo sono spesso abituati a ragionare per compartimenti stagni: studio moda e allora guardo solo le sfilate. Se c’è una cosa che invece la moda ti insegna è che è proprio quello il terreno in cui, per arrivare sempre un passo prima degli altri, bisogna rubare e pescare da tantissimi altri ambiti, fare ricerca ed essere allo stesso tempo capaci di trasformare le suggestioni in modelli di business. Una delle cose più gratificanti del corso è quando gli studenti mi dicono che hanno scoperto nuovi campi di interesse, comprato libri, iniziato a guardare quel master perché hanno cominciato a capire cosa gli piace e cosa potrebbero fare di tutto quel che stanno accumulando.

Domanda di rito: il tuo prossimo progetto?

Tra le cose in corso d’opera, un albo foto-illustrato a cui tengo molto in uscita nel 2020, partito da un’immagine che mi ha portato tanta fortuna e parla molto di me. E poi la consueta irremovibile missione: disegnare tutto il disegnabile il più possibile.

 

Intervista a cura di Davide Calì.

http://bookonatree.com/2019/06/24/marianna-balducci-macchia-disegno/?lang=it&fbclid=IwAR35gc8FwWQeYDQScUnbRJoUcSrGvEhAhUz_1OBo5I2rUEzdGCAbQyUkct8

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